Videosorveglianza nei negozi: Garante Privacy richiama Confcommercio

Il Garante della Privacy interviene sulla videosorveglianza nei negozi, richiamando Confcommercio e sottolineando la necessità di rispettare le normative.

Videosorveglianza nei negozi: un richiamo all'ordine dal Garante Privacy

La questione della videosorveglianza negli esercizi commerciali torna prepotentemente sotto i riflettori. Il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti inviato un formale richiamo a Confcommercio, sollecitando un intervento deciso contro il dilagare di sistemi irregolari. Un segnale chiaro che la tutela della privacy, anche in un contesto di crescente richiesta di sicurezza, non può essere messa da parte.

Ma cosa significa realmente questo richiamo per i commercianti e per i dipendenti? E quali sono le criticità che emergono da un uso improprio delle telecamere?

Telecamere 'fuorilegge': un problema diffuso

Le recenti ispezioni condotte da Polizia locale, Guardia di Finanza e altre Forze dell'ordine hanno portato a decine di sanzioni, alcune anche salate, nei confronti di esercenti che non rispettavano la normativa. Il Garante, con il comunicato diffuso attraverso la newsletter n. 537 del 1° agosto 2025, ha ribadito più volte le violazioni più comuni. Telecamere senza cartelli informativi, microfoni attivi che registrano conversazioni, inquadrature che sconfinano sulle strade pubbliche o nelle proprietà altrui, e, caso ancor più delicato, l'utilizzo per monitorare i dipendenti. Quest'ultimo punto, in particolare, rappresenta una doppia violazione: non solo della normativa sulla privacy, ma anche delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori.

Non si tratta solo di una questione di burocrazia, ma di diritti fondamentali. La sicurezza, sia per i clienti che per i lavoratori, è sacrosanta, ma deve sempre conciliarsi con la protezione della sfera privata. Gestire correttamente gli impianti di videosorveglianza è un requisito imprescindibile, pena l’applicazione di nuove sanzioni.

Nuove linee guida e vecchie tutele: il nodo cruciale

La situazione si complica ulteriormente se consideriamo le nuove linee guida adottate dal Ministero dell’Interno a partire dal 21 gennaio 2025. Queste indicazioni, pensate per prevenire atti illegali e situazioni di pericolo nei locali aperti al pubblico, spingono gli esercenti ad aderire a protocolli locali che prevedono un potenziamento degli impianti di videosorveglianza. L'idea è quella di una maggiore collaborazione tra pubblico e privato per garantire una sicurezza capillare. Tuttavia, questa spinta può avere effetti collaterali non indifferenti.

Chi sottoscriverà questi protocolli si troverà di fatto obbligato ad adottare sistemi di ripresa, con l'obbligo di inquadrare accessi e uscite di sicurezza, e in alcuni casi, di consentire la gestione degli impianti da parte di istituti di vigilanza privata. In futuro, si potrebbe arrivare anche a collegare questi sistemi alle piattaforme comunali di videosorveglianza urbana. È facile intuire come questo scenario, pur lodevole negli intenti, possa generare nuove criticità.

Statuto dei Lavoratori vs. Videosorveglianza: un conflitto aperto

Il punto più spinoso riguarda la compatibilità con l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. Gli impianti di videosorveglianza installati nei luoghi di lavoro sono soggetti a una procedura di garanzia ben definita: è necessario un accordo sindacale o, in alternativa, l'autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro. Senza queste garanzie, l'installazione è nulla e comporta responsabilità penali per l'esercente.

L'Ispettorato ha già chiarito che nessuna norma di settore può derogare a queste tutele. Ciò significa che, anche se l'installazione di telecamere è prevista da disposizioni normative o protocolli ministeriali, le regole sul controllo a distanza dei dipendenti rimangono invariate. Non è un aspetto da sottovalutare: un esercente potrebbe trovarsi in una posizione scomoda, magari a seguito di un semplice reclamo di un dipendente, rischiando sanzioni salate per violazione della privacy.

L'importanza dell'informazione e della trasparenza

Oltre alle disposizioni specifiche, restano saldi gli obblighi generali in materia di privacy. Cartelli informativi chiari e ben visibili all'ingresso dei negozi, informative di secondo livello facilmente accessibili agli interessati, una gestione trasparente dei rapporti con i fornitori esterni e i manutentori, e istruzioni precise per il personale addetto alla vigilanza. È fondamentale evitare di allargare il cono di ripresa oltre le zone di stretta pertinenza. Anche se le telecamere dei privati che puntano sulle strade possono essere utili alle forze dell'ordine in caso di reati, il rischio per l'esercente è alto. Un piccolo errore può trasformarsi in una pesante sanzione.

In un'epoca in cui la sicurezza è sempre più prioritaria, è essenziale che le misure adottate rispettino i diritti individuali. Il richiamo del Garante Privacy a Confcommercio è un monito per tutti gli esercenti: la tecnologia, per quanto utile, deve essere impiegata con consapevolezza e nel pieno rispetto delle normative vigenti. Solo così si può costruire un ambiente sicuro e, allo stesso tempo, tutelare la privacy di tutti. La trasparenza e la corretta informazione diventano, in questo contesto, gli strumenti più efficaci per prevenire abusi e garantire una convivenza armoniosa tra sicurezza e libertà individuale.