Un test semplice, risultati complessi Sembrava il banco di prova perfetto, quasi banale. Un tunnel. Niente pedoni, niente incroci, niente pioggia o neve. Solo un percorso definito, illuminato e prevedibile. Eppure, anche in questo scenario iper-controllato, l'intelligenza artificiale di Tesla sta mostrando il fianco a sfide inaspettate. La notizia, riportata da TechCrunch, è che The Boring Company di Elon Musk ha finalmente iniziato a testare il sistema Full Self-Driving (Supervised) all'interno dei suoi tunnel a Las Vegas. Questi test, in corso da alcuni mesi, vedono le Tesla muoversi con a bordo solo un "safety driver", un operatore di sicurezza pronto a intervenire. Ma l'entusiasmo va subito smorzato. Steve Hill, CEO della Las Vegas Convention and Visitors Authority, ha messo le mani avanti, affermando che un utilizzo diffuso e completamente autonomo della tecnologia è ancora "lontano". Un'ammissione che getta un'ombra di realismo sulle roboanti promesse di Musk. Il dato più interessante è che i conducenti di sicurezza devono ancora "intervenire periodicamente" per prendere il controllo del veicolo. Questo accade nonostante il Vegas Loop sia operativo da circa quattro anni, sempre con autisti umani al volante. Un lungo periodo di attesa prima di avviare una sperimentazione che, a quanto pare, non è ancora pronta per il grande salto. Perché un tunnel è una sfida per l'intelligenza artificiale? Qui la storia si fa affascinante. A rigor di logica, un tunnel dovrebbe essere l'ambiente di guida più semplice che un'AI possa affrontare. La realtà, però, è molto più complessa e ci insegna qualcosa di fondamentale su come funzionano questi sistemi. Non ragionano come un essere umano, ma interpretano dati provenienti da sensori e telecamere. Secondo Hill, due elementi stanno mettendo in difficoltà il software di Tesla: le luci colorate che caratterizzano i tunnel e le pareti di roccia semi-liscia. Per un guidatore umano, sono dettagli estetici, quasi irrilevanti. Per un'intelligenza artificiale, possono diventare un rumore di fondo che confonde la percezione. Le telecamere potrebbero interpretare i riflessi delle luci in modo errato o faticare a distinguere la superficie della parete dalla strada, creando "punti ciechi" decisionali. Questo paradosso è emblematico. Dimostra che la sfida della guida autonoma non risiede solo nel gestire la complessità del traffico cittadino, ma anche nell'insegnare all'AI a ignorare l'irrilevante e a contestualizzare l'ambiente. Un compito che per noi è istintivo, ma che per un algoritmo richiede una quantità enorme di dati e affinamenti. Tra robotaxi e promesse future: il quadro generale Il test nel Vegas Loop non è un evento isolato, ma si inserisce in una strategia molto più ampia. Tesla sta spingendo forte sulla sua visione di un futuro dominato dai robotaxi, con un servizio su invito già attivo ad Austin e piani di espansione. La piena automazione dei tunnel di Las Vegas sarebbe un tassello fondamentale, una vetrina perfetta per dimostrare la maturità della tecnologia in un ambiente pubblico e ad alto flusso. Il fatto che, dopo anni, si riscontrino ancora difficoltà in un contesto così limitato, solleva interrogativi legittimi. Se l'AI fatica a orientarsi tra luci al neon e pareti di roccia, come potrà affrontare con sicurezza assoluta il caos imprevedibile di una metropoli? La risposta di Musk è sempre la stessa: più dati, più aggiornamenti software, più chilometri percorsi. La sperimentazione di Las Vegas, quindi, è più di un semplice test tecnico. È un barometro dello stato dell'arte della guida autonoma. Ci mostra quanto la strada sia ancora lunga e come le sfide più ardue si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo. Non si tratta di un fallimento, ma di un prezioso bagno di realtà che ci ricorda come la rivoluzione della mobilità autonoma sia un processo evolutivo, fatto di piccoli passi e inaspettati ostacoli, anche nel percorso più semplice del mondo.