Una decisione destinata a fare rumore. Il Dipartimento dell'Energia americano ha annunciato la cancellazione di 321 progetti per l'energia pulita, per un valore totale di 7,56 miliardi di dollari. Un taglio netto che non sembra casuale, ma parte di una strategia ben precisa con profonde implicazioni politiche ed economiche. La notizia, riportata mercoledì notte, ha colpito come un fulmine a ciel sereno il settore delle rinnovabili. Sebbene l'agenzia governativa non abbia ancora rilasciato una lista pubblica completa, le prime indiscrezioni trapelate su testate come TechCrunch e Heatmap dipingono un quadro chiaro: la maggior parte dei fondi cancellati era destinata a stati che alle ultime elezioni presidenziali hanno votato per Kamala Harris. Non si tratta di semplici tagli di budget. Ad essere azzerati sono interi settori strategici per la transizione energetica. I progetti per la produzione di idrogeno pulito e per la cattura diretta dell'anidride carbonica dall'aria (DAC) sembrano essere stati i più colpiti. La California, ad esempio, ha visto sfumare 1,2 miliardi di dollari destinati al suo hub dell'idrogeno. Stessa sorte è toccata a poli simili in Texas e Louisiana. Una mossa politica, non solo economica A fugare ogni dubbio sulla natura politica della decisione è stato Russell Vought, direttore dell'Office of Management and Budget. In un tweet provocatorio, ha anticipato i tagli dichiarando che "l'agenda climatica della sinistra sta per essere cancellata". Un messaggio forte e chiaro, che mira a polarizzare ulteriormente il dibattito durante una fase delicata per il governo. Vought ha elencato 16 stati colpiti, omettendo però di menzionare quelli a guida repubblicana che hanno subito anch'essi delle perdite, seppur minori. Un dettaglio che rafforza la percezione di un'azione mirata a penalizzare gli avversari politici. Tra gli stati coinvolti figurano colossi come New York e la California, ma anche Colorado, Illinois, Massachusetts e New Jersey. Curiosamente, alcuni progetti di cattura diretta dell'aria (DAC) sono sopravvissuti, ma solo in stati come Alaska, Kentucky e North Dakota. Si tratta di una tecnologia supportata dall'industria petrolifera, poiché la CO2 catturata può essere utilizzata per aumentare la produzione dei pozzi di petrolio esistenti. Una coincidenza che solleva più di una domanda sulle reali priorità dell'amministrazione. Non un fulmine a ciel sereno Questa ondata di cancellazioni non è un evento isolato. Fa parte di una strategia più ampia e aggressiva per smantellare le politiche a favore delle energie rinnovabili. Già a maggio, l'amministrazione aveva annullato 3,7 miliardi di dollari di finanziamenti destinati a un'ampia gamma di settori, dalla produzione di cemento a impianti chimici gestiti da giganti del fossile. Il clima all'interno delle agenzie governative è diventato pesante. La scorsa settimana, il Dipartimento dell'Energia ha vietato ai suoi dipendenti l'uso di termini come "cambiamento climatico" ed "emissioni", un tentativo evidente di cancellare il problema anche dal vocabolario ufficiale. La battaglia si sposta in tribunale La reazione non si è fatta attendere. Molti dei beneficiari dei fondi cancellati hanno già annunciato azioni legali contro il governo, aprendo un nuovo fronte di scontro. L'Environmental Protection Agency (EPA), che per prima ha tagliato circa 20 miliardi di dollari, è già al centro di numerose cause legali. L'esito di queste battaglie legali è tutt'altro che scontato. Se da un lato un tribunale distrettuale ha definito le azioni dell'EPA "arbitrarie e capricciose", una corte d'appello ha successivamente dato ragione all'agenzia, sostenendo che le cancellazioni rientrano in un corretto esercizio di "supervisione e gestione". Ora, i destinatari dei fondi appena cancellati hanno 30 giorni per presentare ricorso. La partita per il futuro energetico degli Stati Uniti è appena iniziata e si preannuncia lunga e combattuta, con l'incertezza che regna sovrana e miliardi di dollari appesi a un filo.