Sviluppare software è come costruire un grattacielo Immagina di costruire un grattacielo. Progetteresti le fondamenta, i piani e gli impianti elettrici per poi, solo alla fine, chiamare un ingegnere per capire come renderlo resistente a un terremoto? Probabilmente no. Eppure, nel mondo dello sviluppo software, questo approccio è ancora fin troppo comune. Si scrive il codice, si lancia il prodotto e solo dopo ci si preoccupa della sicurezza, rincorrendo bug e vulnerabilità quando ormai è tardi e costoso. Questo modo di lavorare, noto come "build then test" (costruisci e poi testa), è un residuo del passato che oggi non è più sostenibile. Il software non è più un semplice strumento, ma la spina dorsale delle nostre economie e delle nostre vite. Dalle banche agli ospedali, passando per i sistemi energetici, tutto dipende da righe di codice. Ignorare la sicurezza fin dall'inizio non è solo una negligenza, è un rischio operativo enorme. Cambiare mentalità: la sicurezza non è un optional Il vero cambio di paradigma è smettere di considerare la sicurezza come un accessorio da aggiungere alla fine. Deve diventare parte integrante del DNA di un progetto, fin dalla prima riga di codice. Questo concetto si chiama "Software Assurance" e mira a garantire l'affidabilità di un sistema per tutto il suo ciclo di vita. Non si tratta solo di proteggersi dagli hacker, ma di costruire sistemi robusti e resilienti, capaci di resistere e riprendersi da incidenti, guasti o attacchi deliberati. Il problema è che le vulnerabilità introdotte nelle prime fasi – quelle di progettazione e architettura – sono le più difficili e costose da correggere. Uno studio del Software Engineering Institute (SEI) della Carnegie Mellon University ha rivelato dati impressionanti: il 70% degli errori nasce proprio in queste fasi iniziali, ma oltre l'80% di essi viene scoperto solo durante o dopo i test finali. Correggere un errore di progettazione a quel punto può costare fino a 1.000 volte di più rispetto a farlo subito. Una guida pratica: il Security Engineering Framework (SEF) Come si traduce in pratica questo cambio di mentalità? Il Software Engineering Institute ha elaborato una risposta concreta: il Security Engineering Framework (SEF). Non si tratta di un'astratta teoria accademica, ma di una vera e propria guida pratica per integrare sicurezza e resilienza in ogni passaggio dello sviluppo software. Come evidenziato in un'analisi di Cybersecurity360 AI, il SEF fornisce una roadmap chiara per sviluppatori e manager. Il framework si basa su un approccio basato sul rischio e si articola in tre aree principali (chiamate "domain"), che possiamo immaginare come i pilastri di un progetto ben riuscito. I 3 pilastri del software sicuro Il SEF organizza le buone pratiche in modo logico e intuitivo, per non lasciare nulla al caso. Engineering Management (La Visione Strategica): Questo è il livello del project manager. Qui si pianificano le attività, si gestiscono i rischi e si definiscono gli obiettivi di sicurezza fin dal primo giorno. Si tratta di avere una visione d'insieme e assicurarsi che la sicurezza sia una priorità per tutti, non solo per un team specializzato. Engineering Activities (Il Lavoro sul Campo): Questa è la fase operativa, il cuore dello sviluppo. Copre tutto il ciclo di vita: dalla definizione dei requisiti di sicurezza, alla progettazione di un'architettura robusta, fino all'implementazione del codice e ai test. Include anche la gestione sicura dei componenti di terze parti (le librerie e i moduli esterni che tutti usano) e le procedure per il rilascio e la manutenzione. Engineering Infrastructure (Gli Strumenti del Mestiere): Non puoi costruire una cassaforte usando attrezzi insicuri. Questo pilastro garantisce che l'ambiente stesso di sviluppo, i tool e le tecnologie utilizzate siano protetti. Un'infrastruttura vulnerabile può diventare un punto d'accesso per compromettere il software che si sta creando. Sicurezza e Resilienza: due facce della stessa medaglia Il SEF non si limita a parlare di sicurezza in senso stretto, ma introduce il concetto gemello di resilienza. Qual è la differenza? La sicurezza si concentra sulla protezione, sul prevenire che un attacco abbia successo. È la porta blindata. La resilienza, invece, è la capacità del sistema di continuare a funzionare (magari in modo limitato) durante un attacco e di riprendersi rapidamente. È l'uscita di emergenza e l'estintore. Un sistema moderno non può essere solo sicuro; deve essere anche resiliente. Deve saper anticipare i problemi, adattarsi a condizioni impreviste e ripristinare le operazioni il più in fretta possibile. Entrambi gli aspetti sono fondamentali per garantire la continuità operativa e la fiducia degli utenti. Perché dovremmo preoccuparcene tutti In un mondo sempre più digitalizzato, un software vulnerabile non è un problema solo per gli sviluppatori o per l'azienda che lo produce. È un problema per tutti. L'approccio proposto dal Security Engineering Framework non è più una semplice "best practice", ma una necessità strategica. Investire nella sicurezza fin dall'inizio non è un costo, ma un investimento che ripaga in termini di affidabilità, reputazione e, in definitiva, di competitività. Pensare alla sicurezza dopo aver già costruito tutto è come montare le cinture di sicurezza dopo aver fatto un incidente: inutile e decisamente troppo tardi.