Ospedali nel mirino: un'emergenza silenziosa La sanità è sempre più esposta a un nemico invisibile ma incredibilmente pericoloso: il cybercrimine. L'accelerazione della digitalizzazione, pur portando benefici innegabili, ha spalancato le porte a minacce che mettono a rischio non solo i dati sensibili di milioni di pazienti, ma la continuità stessa dei servizi assistenziali. Ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza, dove le difese digitali del settore somigliano a un sistema immunitario indebolito che necessita di essere rafforzato con urgenza. Il problema è che il settore sanitario, già afflitto da carenza di risorse e personale, spesso sottovaluta la gravità del rischio informatico. Ma i dati non mentono e dipingono un quadro a tinte fosche. Un attacco andato a segno può paralizzare un ospedale, bloccare interventi chirurgici, rendere inaccessibili le cartelle cliniche e, nei casi peggiori, mettere in pericolo la vita delle persone. È una minaccia che non fa distinzione tra pubblico e privato. I numeri di una guerra digitale Le statistiche sono un campanello d'allarme che non possiamo più ignorare. Secondo il Rapporto Clusit 2025, a livello globale il comparto healthcare ha subito 810 attacchi informatici nel 2024, con un balzo del 30% rispetto all'anno precedente. L'Italia non è immune, anzi. Da gennaio 2023, si contano in media 3,5 attacchi al mese contro le nostre strutture sanitarie, e la metà di questi si trasforma in incidenti gravi. L'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) conferma il trend, registrando un aumento del 111% degli eventi cyber nel settore tra il 2023 e il 2024. Ma cosa cercano i criminali? La risposta è semplice: dati. Le informazioni sanitarie sono una miniera d'oro sul dark web, insieme a dati finanziari e bancari dei pazienti. E quando colpiscono, spesso lo fanno con i ransomware, bloccando i sistemi e chiedendo un riscatto. Molte strutture, messe alle strette, finiscono per pagare, alimentando un circolo vizioso. L'impatto reale: quando i sistemi si fermano Le conseguenze non sono astratte. Una recente ricerca di Kaspersky rivela che il 73% delle grandi aziende sanitarie italiane ha subito almeno un incidente di sicurezza nell'ultimo anno. Quasi una su quattro (24%) ha affrontato attacchi gravi con impatti operativi e organizzativi. Immaginate un ospedale costretto a tornare a carta e penna, con sistemi bloccati per ore, se non giorni. Questo è accaduto, con il 63% delle organizzazioni che ha subito interruzioni dell'operatività da due a tre volte in un solo anno. Dietro questi attacchi non ci sono hacker solitari, ma vere e proprie organizzazioni criminali transnazionali, le stesse che gestiscono traffici illeciti di droga e armi. Il fattore umano: l'anello debole della catena La tecnologia da sola non basta. Possiamo avere i sistemi di difesa più sofisticati, ma se un dipendente clicca su un link di phishing, tutto il castello di carte crolla. Il fattore umano è la porta d'accesso preferita dai cybercriminali. Distrazione, scarsa consapevolezza dei rischi, incapacità di riconoscere una minaccia: sono queste le vulnerabilità più sfruttate. È qui che si gioca la partita più importante. Serve un cambio di passo culturale. Non si tratta più solo di installare un antivirus, ma di costruire una solida cultura della sicurezza informatica. Ogni singolo operatore, dal medico all'amministrativo, deve diventare una sentinella attiva, consapevole delle proprie azioni online. La formazione non può più essere un evento sporadico, ma un percorso continuo e aggiornato. Costruire un sistema immunitario digitale Proprio come il nostro corpo ha bisogno di un sistema immunitario forte per difendersi dai virus, così le organizzazioni sanitarie devono dotarsi di un "sistema immunitario digitale" robusto e strutturato. Questo significa integrare tecnologie avanzate, adottare una governance centralizzata della cybersecurity come raccomandato dall'ACN, ma soprattutto investire sulle persone. La conoscenza e la consapevolezza trasformano i dipendenti da potenziale anello debole a prima linea di difesa. Solo un approccio olistico, che combina tecnologia, procedure e cultura, può garantire la salute del nostro sistema sanitario nell'era digitale. Proteggere i dati dei pazienti e la continuità delle cure non è un'opzione, ma un imperativo categorico per il futuro della nostra salute.