Il mondo dell'intelligenza artificiale non smette mai di sorprenderci e, a quanto pare, neanche quello dell'istruzione. L'ultima novità, che sta già facendo discutere, arriva direttamente da OpenAI: si chiama 'Study Mode' ed è una versione di ChatGPT pensata per gli studenti universitari. L'idea è ambiziosa: trasformare il chatbot da semplice strumento di ricerca a un vero e proprio tutor personale, sempre disponibile, con l'obiettivo di integrarsi sempre più nelle aule universitarie a partire dal prossimo anno accademico.'Study Mode' si propone come un compagno di studio interattivo. Durante una dimostrazione, OpenAI ha mostrato come il chatbot, posto di fronte a una domanda accademica (ad esempio, sulla teoria dei giochi), non si limiti a fornire una risposta diretta. Invece, inizia un dialogo, chiedendo allo studente il suo livello di conoscenza e cosa desidera imparare, per poi costruire un percorso di apprendimento collaborativo. Questo approccio, basato in parte sui metodi socratici, è stato sviluppato consultando esperti di pedagogia di oltre 40 istituzioni. Studenti di università prestigiose come Princeton e Wharton, che hanno partecipato alla fase di test, hanno espresso pareri positivi, lodando la capacità dell'AI di adattarsi al loro ritmo e di verificare la loro comprensione.L'AI come alleato o come scorciatoia?L'introduzione di 'Study Mode' rappresenta un tentativo da parte di OpenAI di ridefinire il ruolo dei chatbot nel contesto educativo. L'obiettivo dichiarato è quello di promuovere l'AI come uno strumento per l'apprendimento personalizzato, piuttosto che una mera via per la copiatura. Leah Belsky, responsabile dell'istruzione presso OpenAI, ha sottolineato come l'AI possa contribuire a "ridurre il divario tra chi ha accesso a risorse di apprendimento e un'istruzione di alta qualità e chi è stato storicamente lasciato indietro". L'idea è affascinante: democratizzare l'accesso a un tutoraggio di alto livello, che altrimenti sarebbe alla portata solo di pochi.Ma è proprio qui che sorgono le perplessità. Nonostante le nobili intenzioni, 'Study Mode' non è un modello addestrato esclusivamente su manuali accademici e materiali approvati. È, di fatto, il 'solito' ChatGPT, ma con un filtro di conversazione modificato per incoraggiare meno risposte dirette e più spiegazioni. Questo significa che la sua base di conoscenza include non solo testi accademici, ma anche una vasta gamma di informazioni presenti sul web, comprese quelle potenzialmente imprecise o errate. Christopher Harris, un educatore di New York specializzato in alfabetizzazione AI, pur riconoscendo la validità degli approcci pedagogici di 'Study Mode', avverte: "I professori che incoraggiano i loro studenti a usarlo corrono il rischio che questo insegni agli studenti ad affrontare i problemi nel modo sbagliato, o peggio, che vengano insegnati loro materiali falsi o fabbricati".Il costo nascosto dell'innovazioneLa questione non è banale. Se da un lato l'accesso a tutor umani specializzati può costare centinaia di dollari all'ora, rendendo l'idea di un tutor AI accessibile a tutti estremamente allettante, dall'altro non possiamo ignorare le limitazioni intrinseche dei modelli linguistici attuali. Questi strumenti, pur essendo abili nel generare conversazioni simili a quelle umane, non sono immuni da errori o "allucinazioni". OpenAI stessa ammette che 'Study Mode' non impedirà a uno studente di tornare al normale ChatGPT per ottenere risposte rapide se frustrato: "Se qualcuno vuole sovvertire l'apprendimento e ottenere risposte e prendere la strada più facile, è possibile", ha dichiarato Belsky. La comodità e il divertimento di studiare con un chatbot sempre disponibile sono innegabili, come confermato dagli studenti tester. Ma la domanda rimane: a quale costo in termini di accuratezza e profondità dell'apprendimento?In definitiva, 'Study Mode' di OpenAI si presenta come un passo significativo verso l'integrazione dell'AI nell'educazione, promettendo di rendere il tutoraggio più accessibile e coinvolgente. Tuttavia, è fondamentale che studenti ed educatori siano consapevoli delle sue attuali limitazioni. L'AI può essere un potente strumento di supporto, ma non può e non deve sostituire il pensiero critico, la verifica delle fonti e l'approfondimento autonomo. Come per ogni innovazione, il suo vero valore dipenderà da come verrà utilizzata: con consapevolezza, discernimento e, soprattutto, con un occhio sempre attento alla qualità e all'integrità dell'informazione. Il futuro dell'educazione con l'AI è appena iniziato, e la discussione su come bilanciare innovazione e rigore accademico è più che mai aperta.