Immaginate di entrare in un luogo di culto, un santuario di pace e spiritualità. Ora immaginate che, varcata la soglia, ogni vostro tratto sia digitalizzato, analizzato, e usato per creare un profilo dettagliato. Non è fantascienza distopica, ma una realtà sempre più diffusa nelle megachiese americane, dove l'intelligenza artificiale e la sorveglianza biometrica stanno ridefinendo il concetto di fede e comunità. Un'inchiesta del MIT Technology Review ha acceso i riflettori su questa pratica innovativa quanto inquietante, rivelando un lato oscuro dell'innovazione tecnologica.Quando un fedele mette piede in una di queste chiese, telecamere ad alta velocità catturano i loro volti, analizzando occhi, naso e bocca. Questi dati non restano anonimi: una rete neurale locale li trasforma in "impronte digitali" uniche, che vengono poi confrontate con un database interno. L'obiettivo? Non solo la sicurezza, ma un controllo capillare: tracciare la frequenza, analizzare le reazioni emotive durante le funzioni e persino personalizzare le richieste di donazioni. La fede, in questo contesto, si trasforma in un dato da minare, processare e, potenzialmente, manipolare.Gloo: Il Salesforce delle ChieseAl centro di questo ecosistema tecnologico-religioso c'è Gloo, un'azienda con sede in Colorado che si autodefinisce una "piattaforma tecnologica per l'ecosistema della fede". Fondata nel 2013 da Scott e Theresa Beck, Gloo è stata pensata per portare le chiese nell'era dell'analisi algoritmica, trasformando la cura pastorale in un problema di analisi predittiva. Pensate a Salesforce, ma applicato alla spiritualità: Gloo raccoglie migliaia di punti dati su ogni fedele.Non si tratta solo di frequenza o donazioni. Gloo "inghiotte" ogni briciola digitale lasciata dai fedeli: quanto spesso si partecipa, quanto si dona, a quali gruppi si aderisce, persino le parole chiave usate nelle richieste di preghiera online. A questi dati si aggiungono informazioni di terze parti, come dati demografici del censimento, abitudini di consumo e indicatori di rischio creditizio o sanitario. Dietro le quinte, Gloo classifica e segmenta le persone, segnalando chi è a rischio di allontanamento, chi è più propenso a donare o chi ha bisogno di assistenza pastorale. Tutto questo si traduce in un "cruscotto" per il pastore moderno, uno strumento di "chiaroveggenza digitale" che permette di sapere chi contattare, chi confortare e quando agire.Dalla Sicurezza alla Sorveglianza BiometricaMa la raccolta dati di Gloo è solo una parte del quadro. In alcuni casi, la sorveglianza assume forme ancora più dirette. Nel 2014, Moshe Greenshpan, un veterano israeliano della sicurezza tecnologica, ha introdotto il riconoscimento facciale di livello aeroportuale negli ingressi delle chiese con la sua azienda Face-Six. La sua soluzione, FA6 Events (nota anche come "Churchix"), ripropone questa tecnologia per i luoghi di culto. Oggi, Greenshpan afferma che Churchix è utilizzato in oltre 200 chiese in tutto il mondo, quasi la metà negli Stati Uniti.FA6 trasforma ogni ingresso in un vero e proprio checkpoint biometrico: un conteggio istantaneo dei presenti, una scansione di sicurezza e un registro digitale delle presenze, il tutto integrato nella routine settimanale del culto. Una telecamera discreta posizionata all'altezza degli occhi cattura l'immagine del volto, la elabora attraverso una rete neurale e la confronta con i dati presenti nel database locale della chiesa. Se c'è una corrispondenza, il sistema identifica la persona e registra la sua presenza. Greenshpan ammette che la maggior parte delle chiese non informa i fedeli di questa sorveglianza: "A mia conoscenza, nessuna chiesa notifica ai suoi fedeli che sta usando il riconoscimento facciale."Il Dibattito Etico e Legale: Un Far West DigitaleLa logica dietro questi strumenti è semplice: più il sistema sa di voi, più precisamente può intervenire. L'ex CEO di Intel, Pat Gelsinger, ora nel team di Gloo, paragona l'efficienza della piattaforma a quella della stampa di Martin Lutero o delle strade romane per la diffusione del Vangelo. Tuttavia, questa "efficienza" solleva gravi interrogativi etici e legali. Emily Tucker, direttrice esecutiva del Center on Privacy & Technology presso la Georgetown Law, sottolinea come la privacy sia un principio fondamentale in quasi ogni tradizione religiosa. "Imporre un'architettura di sorveglianza sulla comunità di fede interferisce radicalmente con la possibilità di quella privacy, necessaria per la creazione di uno spazio sacro."Negli Stati Uniti, la sorveglianza biometrica nelle chiese naviga in una zona d'ombra legale. Solo pochi stati, come l'Illinois con il suo Biometric Information Privacy Act (BIPA), hanno leggi robuste che richiedono il consenso esplicito e limitano la conservazione dei dati. Al di fuori di queste eccezioni, la protezione dei dati è debole e frammentata. Questo significa che le informazioni sensibili raccolte, come quelle sulla salute o sullo stato emotivo, potrebbero essere utilizzate ben oltre il contesto religioso, con il rischio di esporre i fedeli a potenziali abusi. Adam Schwartz, direttore del contenzioso sulla privacy presso l'Electronic Frontier Foundation, avverte: "Chiese: prima di farlo, dovreste considerare gli svantaggi, perché può danneggiare i vostri fedeli."La collaborazione di Gloo con partner come Barna Group, che fornisce dati psicografici approfonditi, e l'uso di dati sanitari sensibili (come depressione o lutto) per campagne mirate, solleva ulteriori preoccupazioni. Charles Kriel, un regista che ha lavorato sulla disinformazione e la sorveglianza digitale, ha investigato come aziende come Gloo raccolgano informazioni intime dai fedeli. Il suo documentario "People You May Know" ha evidenziato come questi dati sensibili vengano mercificati, sollevando dubbi sui loro potenziali usi a valle, anche per scopi politici. Un esempio lampante è stato l'uso della piattaforma di Gloo da parte di Communio, un'organizzazione cristiana, che ha combinato i dati dei fedeli con informazioni da i360 (legata alla rete conservatrice Koch) per campagne di marketing mirate.In un mondo dove l'intelligenza artificiale promette di "adattarsi a noi" e di "vederci per la prima volta", la questione non è più se la tecnologia entrerà nei luoghi di culto, ma quanto profondamente si integrerà nel loro tessuto. I pionieri della "fede-tech" vedono l'AI come una forza per il bene, un modo per "far fiorire" le persone. Ma se l'occhio di Dio diventa un occhio digitale che tutto vede e tutto registra, senza consenso o trasparenza, il rischio è che la sorveglianza eroda la fiducia e la privacy, trasformando i santuari in centri di data-mining. Come dice Kriel, "È come stare sulla spiaggia a guardare uno tsunami al rallentatore". E in questo scenario, i fedeli rimangono esposti a uno sguardo che non hanno mai pienamente invitato e che a malapena comprendono.