Il corpo come asset: una nuova economia del séImmagina un futuro in cui il tuo corpo non è più solo tuo. Ogni battito cardiaco, ogni ora di sonno, persino il tuo DNA, vengono trasformati in dati. Dati che possono essere analizzati, monetizzati e scambiati. Non è fantascienza, è la realtà emergente della tokenizzazione del corpo umano, una rivoluzione che promette cure su misura ma solleva interrogativi inquietanti sul nostro futuro digitale.Nell'epoca della trasformazione digitale, il nostro organismo sta diventando un vero e proprio asset economico. Non si tratta più solo di biologia, ma di flussi di dati biometrici, segnali neurali e sequenze genetiche. Questa digitalizzazione non genera solo informazioni cliniche, ma crea risorse monetizzabili che alimentano un ecosistema in cui siamo contemporaneamente produttori e prodotto.Dal polso alla blockchain: come il corpo diventa datoTutto inizia da dispositivi che già conosciamo. Lo smartwatch che portiamo al polso, come quelli di Apple o Fitbit, o l'anello smart come l'Oura Ring, non si limitano a contare i passi. Monitorano fibrillazioni atriali, qualità del sonno, stress e cicli ormonali, diventando strumenti di salute predittiva. Aziende come 23andMe o AncestryDNA, d'altro canto, custodiscono milioni di profili genomici, fondamentali per la ricerca ma estremamente appetibili per il mercato.Questi dati, aggregati, creano quello che gli esperti chiamano "gemello digitale": una copia virtuale del nostro corpo che si aggiorna in tempo reale. Un avatar biologico che può essere usato per simulare reazioni a farmaci, prevedere malattie o, come vedremo, valutare un rischio assicurativo. Ma il passo successivo è ancora più radicale: la tokenizzazione.La tokenizzazione spiegata semplice: il tuo DNA come un NFT?Tokenizzare, nel linguaggio della blockchain, significa trasformare un bene in un asset digitale unico, tracciabile e scambiabile. Pensala così: come un'opera d'arte può diventare un NFT (Non-Fungible Token), unico e verificabile, così i tuoi dati genetici potrebbero diventare un token biologico. Un'analisi approfondita di Cybersecurity360 AI esplora come piattaforme come Genobank.io stiano già costruendo "DNA wallet", portafogli digitali dove custodire il proprio profilo genetico crittografato.L'idea, sulla carta, è affascinante: restituire all'individuo il controllo sui propri dati, permettendogli di decidere se e come condividerli con centri di ricerca o aziende farmaceutiche, magari ottenendo un profitto. Si profila una microeconomia basata sull'identità biologica. Ma le implicazioni sono enormi e complesse.Il prezzo della salute connessa: capitalismo biologico e nuovi rischiMa qual è il prezzo di questa iper-connessione? Entriamo nel territorio del "capitalismo biologico", un sistema in cui il valore si misura sul potenziale di performance del corpo. Il rischio più evidente è una sanità algoritmica che, invece di ridurre le disuguaglianze, le amplifica. Se l'accesso a premi assicurativi o trattamenti personalizzati dipende dal nostro profilo bio-digitale, chi non rientra nei parametri "virtuosi" potrebbe essere penalizzato o escluso.Programmi come Vitality, adottati da alcune compagnie assicurative, già premiano gli utenti in base all'attività fisica o alle abitudini alimentari monitorate dai wearable. La salute diventa un parametro negoziabile. Questo introduce una forma invisibile ma pervasiva di sorveglianza sanitaria. I nostri dati possono rivelare non solo le malattie, ma anche le paure, le fragilità, i desideri, diventando un'arma potentissima per il marketing e il controllo sociale.Chi è il proprietario del tuo gemello digitale?Se il nostro corpo ha un doppio digitale, chi ne è il proprietario? Tu o la piattaforma che lo gestisce? Il GDPR europeo riconosce il diritto di accesso e cancellazione dei dati, ma non definisce una vera e propria proprietà. Il consenso informato, in ecosistemi tecnologici così opachi, rischia di diventare una pura formalità.Per rispondere a queste nuove vulnerabilità, alcuni Paesi stanno già pensando a strumenti normativi innovativi. Il Cile, ad esempio, è stato pioniere nel proporre i cosiddetti "neurodiritti", oggi in discussione anche presso il Parlamento Europeo. Si parla di diritto alla privacy mentale, all'identità neurale e all'autodeterminazione genetica. L'obiettivo è proteggere non solo l'integrità fisica del corpo, ma anche quella della sua rappresentazione digitale.La vera sfida non è fermare la tecnologia, ma governarla. La medicina personalizzata ha un potenziale immenso, ma deve essere accessibile a tutti, non solo a chi può permettersi un gemello digitale evoluto. Forse, nell'era in cui la carne diventa codice, la libertà più grande sarà rivendicare il diritto di rimanere, in parte, meravigliosamente e irriducibilmente offline, fuori dalla portata degli algoritmi.