DNA e Indagini: Quando la Scienza Incontra la LeggeImmaginate di donare il vostro DNA a un database genealogico, magari per scoprire le vostre radici o trovare parenti lontani. Ora, pensate che quel campione possa essere utilizzato dalle forze dell'ordine per risolvere crimini. Questa è la realtà della genealogia genetica forense (FIGG), un metodo che sta rivoluzionando le indagini, ma che solleva non poche questioni etiche e di privacy.Nel 2018, la cattura del famigerato Golden State Killer ha segnato un punto di svolta. Dopo decenni di indagini senza successo, la polizia è riuscita a identificare il sospettato caricando il DNA della scena del crimine su siti web genealogici pubblici. Trovando corrispondenze con parenti lontani del killer, hanno ricostruito un albero genealogico complesso fino a individuarlo. Un successo clamoroso, che ha aperto la strada a centinaia di altre risoluzioni di omicidi e aggressioni sessuali.Il Dilemma della Privacy: Un Atto di Eroismo o un Rischio?La mia curiosità di giornalista mi ha spinto oltre la semplice osservazione. Ho deciso di mettere il mio DNA a disposizione, caricando il mio profilo su FamilyTreeDNA e accettando che la polizia potesse accedervi. L'ho fatto, lo ammetto, anche con un pizzico di provocazione verso coloro che vedono nel DNA un “testo sacro” intoccabile. Volevo capire fino in fondo le implicazioni di questa scelta, sia per me che per i miei (inconsapevoli) parenti genetici.L'esperimento è avvenuto a Springfield, Massachusetts, durante una partita di hockey, dove l'ufficio del procuratore distrettuale offriva test gratuiti di FamilyTreeDNA per ampliare la propria rete. L'obiettivo? Risolvere casi irrisolti. Il materiale promozionale parlava di diventare un “eroe”. Ma è davvero così semplice? La mia donazione, apparentemente innocua, ha generato 3.309 corrispondenze con altre persone. Questo perché il DNA è un patrimonio condiviso: condividiamo circa il 50% con un genitore, il 25% con un nonno, e così via.L'Ombra della “Tirannia della Minoranza” e i Limiti AttualiIl sistema FIGG, pur potente, è ancora frammentato. Opera attraverso un mix di laboratori privati e siti web non regolamentati, dove gli utenti possono scegliere se autorizzare o meno le ricerche della polizia. Attualmente, circa 1,5 milioni di profili sono disponibili per le forze dell'ordine. Ma, come sottolineano gli esperti, una base dati che includesse solo il 2% della popolazione statunitense (circa 6 milioni di persone) sarebbe sufficiente a identificare la fonte di quasi ogni DNA trovato sulla scena del crimine, data l'enorme quantità di parenti lontani che ognuno di noi ha.Questo solleva un concetto inquietante: la “tirannia della minoranza”. La divulgazione volontaria di informazioni da parte di una persona può finire per esporre le stesse informazioni su molti altri. E questa “tirannia” può essere abusata. Le informazioni sul DNA detenute dai siti genealogici privati sono protette in modo leggero dai termini di servizio, che possono cambiare nel tempo. Ci sono stati casi in cui l'FBI ha aggirato le restrizioni per cercare corrispondenze in database che escludevano le forze dell'ordine, come riportato in recenti documenti giudiziari. Una genealogista genetica ha descritto la situazione del suo campo come “nobili intenti; nessuna regola”.La mia incertezza è cresciuta man mano che approfondivo. Chi controlla realmente il mio file DNA? Non è facile scoprirlo. FamilyTree è un marchio gestito da Gene by Gene, che nel 2021 è stata venduta a MyDNA, un'azienda di proprietà di un magnate australiano il cui nome non compare sul sito. Ho parlato con Dave Vance, direttore generale di FamilyTree, che mi ha confermato che tre quarti dei profili sul sito sono “opt-in” per le ricerche delle forze dell'ordine.Una possibile soluzione sarebbe la creazione di un database nazionale di DNA gestito dal governo federale. Ma ciò richiederebbe nuove leggi, standard tecnici e un dibattito pubblico su come la nostra società intende utilizzare questo tipo di big data. Attualmente, un progetto nazionale di questo tipo – o un consenso – non esiste. Nonostante la mia iniziale spavalderia, ammetto di avere qualche rimpianto. Ho donato la mia saliva in un contesto informale, firmando un modulo di consenso che non riguarda solo me, ma migliaia di miei parenti genetici. A loro dico: “Oops. Il vostro DNA; colpa mia”. Questo esperimento ha evidenziato come la tecnologia, pur offrendo soluzioni potenti, ci costringa a confrontarci con dilemmi etici complessi, per i quali non abbiamo ancora tutte le risposte. La questione non è se il DNA possa aiutarci a trovare la giustizia, ma a quale prezzo per la nostra privacy e quella dei nostri cari. Per approfondire, potete leggere l'articolo originale su MIT Technology Review.