Il tuo corpo è il nuovo asset digitale Nell'era della trasformazione digitale, il corpo umano sta diventando molto più di un organismo biologico. È una fonte inesauribile di dati: battiti cardiaci, qualità del sonno, sequenze genetiche, segnali neurali. Ogni nostra funzione vitale viene progressivamente tradotta in metriche digitali, creando un valore non solo clinico, ma anche economico. Questa digitalizzazione ci trasforma in "produttori" e, allo stesso tempo, nel "prodotto" di un nuovo mercato. Aziende come Huma, WHOOP e Fitbit non si limitano più a raccogliere dati tramite i loro wearable. Le loro piattaforme, potenziate da intelligenza artificiale, interpretano, aggregano e valorizzano queste informazioni all'interno di ecosistemi chiusi. Spesso, senza che ce ne rendiamo conto, diventiamo la fonte primaria di un immenso valore economico, cedendo il controllo sulle informazioni più intime che ci riguardano. Dai wearable alla blockchain: quando il DNA diventa un NFT Se il nostro corpo è un produttore di dati, il passo successivo è quasi inevitabile: trasformare questi dati in beni scambiabili. Qui entra in gioco la tokenizzazione, un processo che converte un qualsiasi elemento, fisico o digitale, in un asset unico e tracciabile su blockchain. Applicata al corpo umano, dà vita alla tokenizzazione biologica. Immagina di poter conservare il tuo profilo genetico in un portafoglio digitale crittografato, decidendo in autonomia se e a chi venderlo per la ricerca scientifica. Progetti come Genobank.io stanno già lavorando in questa direzione. Altre startup, come EncrypGen, creano veri e propri marketplace dove i dati biologici possono assumere la forma di un NFT (Token Non Fungibile), un certificato digitale unico che ne attesta la proprietà. Il nostro DNA diventa, a tutti gli effetti, un bene di scambio. L'idea di fondo è restituire agli individui il controllo e, potenzialmente, il profitto derivante dai propri dati. Ma questa promessa di sovranità si scontra con una realtà complessa, dove il confine tra biologia, finanza e privacy si fa sempre più labile. Il gemello digitale e il capitalismo biologico La raccolta massiva di dati sta creando il nostro "gemello digitale": un avatar virtuale che, alimentato in tempo reale da informazioni biometriche, cliniche e genetiche, simula il nostro stato di salute. Centri di ricerca come la Cleveland Clinic già sperimentano l'uso di questi "digital twins" per prevedere eventi cardiaci critici. In futuro, potremmo testare terapie sul nostro avatar digitale prima di applicarle al corpo fisico. Ma quali sono le implicazioni etiche e sociali? Un'analisi di Cybersecurity360 AI delinea i contorni di quello che definisce "capitalismo biologico". In questo scenario, il valore di un individuo non si misura più solo in capitale, ma nel potenziale di performance del suo corpo. Compagnie assicurative già adottano programmi, come Vitality, che offrono sconti basati sui comportamenti monitorati dai wearable. Il rischio più grande è una sanità algoritmica che, invece di ridurre le disuguaglianze, le amplifichi. Se l'accesso a cure personalizzate o a polizze vantaggiose dipende dal nostro profilo bio-digitale, chi non rientra nei parametri ideali rischia di essere escluso. Il diritto universale alla cura potrebbe trasformarsi in un privilegio per pochi, basato sulla capacità di produrre "dati virtuosi". Servono nuove tutele: dai neurodiritti al diritto all'oblio Il quadro normativo attuale, come il GDPR europeo, offre tutele importanti ma fatica a tenere il passo con un'innovazione così rapida. Il consenso informato, pilastro della protezione dei dati, rischia di diventare una formalità vuota quando non si comprendono appieno le logiche degli algoritmi che useranno le nostre informazioni. Per questo, stanno emergendo nuove proposte. Il Cile è stato pioniere nell'introdurre i neurodiritti nella sua costituzione, per proteggere la privacy mentale e l'identità neurale. Anche il Parlamento Europeo discute di estendere i diritti fondamentali al corpo digitale, garantendo una reale sovranità individuale sui dati. Forse, la vera sfida non è solo tecnologica o giuridica, ma esistenziale. In un mondo dove ogni nostra funzione biologica può essere letta, interpretata e monetizzata, emerge un nuovo bisogno: il diritto a essere offline. Il diritto a mantenere una parte di noi stessi opaca, non quantificabile e, soprattutto, non negoziabile. Perché la libertà più radicale, nell'era della carne trasformata in codice, potrebbe essere proprio quella di rimanere irriducibilmente umani.