Cento milioni di dollari per un posto al sole Il futuro dell'intelligenza artificiale non si gioca solo nei laboratori e tra le righe di codice, ma anche nei corridoi del potere di Washington. E la Silicon Valley lo sa bene. Ha deciso di scendere in campo con un'arma potentissima: il denaro. Oltre 100 milioni di dollari sono stati messi sul piatto per influenzare le prossime elezioni di metà mandato negli Stati Uniti. Una cifra da capogiro, destinata a un unico, grande obiettivo: plasmare le future leggi sull'AI a proprio favore. A orchestrare questa imponente operazione di lobbying è una nuova rete di comitati di azione politica (PAC), battezzata con il nome evocativo di “Leading the future”. Dietro a questa sigla si muovono nomi che pesano come macigni nel mondo tech. Parliamo di figure di spicco legate a colossi come OpenAI, la mente dietro ChatGPT, il fondo di venture capital Andreessen Horowitz e persino Meta. Non si tratta di beneficenza, ma di un investimento strategico per garantirsi un futuro con meno regole e più libertà d'azione. Innovazione contro Sicurezza: la vera posta in gioco Negli Stati Uniti, i PAC sono strumenti comuni per raccogliere fondi e sostenere cause politiche. In questo caso, la causa è chiarissima. Secondo una recente ricostruzione di AI News Italia, il denaro servirà a sostenere i candidati, di qualsiasi schieramento, disposti a sposare la causa della deregolamentazione. L'obiettivo è contrastare quel fronte politico, sempre più nutrito, che chiede a gran voce più tutele per i consumatori e paletti etici più stringenti per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale. La battaglia è tra due visioni opposte del futuro. Da un lato, i giganti della tecnologia che spingono per un'innovazione senza freni, sostenendo che troppe regole soffocherebbero il progresso e darebbero un vantaggio competitivo a nazioni come la Cina. Dall'altro, associazioni, accademici e una parte della politica che vedono i rischi di un'AI senza controllo: discriminazione algoritmica, perdita di posti di lavoro, disinformazione su larga scala e minacce alla privacy. Questa non è una mossa improvvisata. È la continuazione di una strategia già vista in passato. Ricordate il tentativo, poi fallito, di far passare una legge che avrebbe impedito ai singoli Stati americani di legiferare autonomamente sull'AI per ben dieci anni? Anche in quell'occasione, OpenAI e Andreessen Horowitz si erano schierati apertamente a favore, agitando lo spauracchio della concorrenza cinese. La tattica è sempre la stessa: presentare la deregolamentazione come una necessità patriottica per mantenere la leadership tecnologica globale. Cosa significa per noi? L'influenza del denaro sulla politica non è certo una novità, ma quando a muoversi sono i titani che stanno costruendo le tecnologie che definiranno il nostro domani, la questione assume un peso diverso. Le decisioni prese oggi a Washington avranno un impatto diretto sulle nostre vite. L'intelligenza artificiale che useremo per lavorare, comunicare, informarci e persino curarci sarà modellata da queste leggi. L'idea che poche, potentissime aziende possano 'comprare' un quadro normativo a loro congeniale solleva interrogativi profondi sulla democrazia stessa. Se l'innovazione è il motore, la regolamentazione è il sistema di sicurezza che garantisce che l'auto non vada fuori strada. Escludere o indebolire questo sistema per correre più veloci potrebbe avere conseguenze disastrose per tutti. Mentre i milioni di dollari della Silicon Valley iniziano a fluire nelle casse delle campagne elettorali, la domanda che resta sospesa è tanto semplice quanto cruciale: chi rappresenteranno i politici eletti? Gli interessi di poche aziende multimiliardarie o quelli dei cittadini che dovrebbero servire? La partita per il futuro dell'AI è appena iniziata, e la posta in gioco non potrebbe essere più alta.