Dalle Trivelle ai Chip: Il Nuovo Potere del GolfoPer decenni, il Medio Oriente ha danzato al ritmo del petrolio. Le terre del Golfo tremavano sotto il rombo delle trivelle, e l'oro nero era la linfa vitale che alimentava imperi, finanziava conflitti e tracciava confini. Il potere aveva l'odore acre del greggio, la consistenza ruvida dell'asfalto delle rendite fossili. Ma oggi, qualcosa sta cambiando. Il potere non sgorga più dal sottosuolo; scintilla nei chip, sussurra nei codici, si muove silenzioso nel cloud. L'Intelligenza Artificiale (AI) sta prendendo il posto del petrolio, diventando la nuova materia prima strategica.Non è più una questione di chi possiede le risorse, ma di chi genera i modelli e chi li subisce. Questo è il fulcro della rivoluzione in atto nel Golfo, dove nazioni come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti non sono più destinatarie passive della modernità, ma architetti attivi del futuro digitale. Stanno riposizionando il loro destino attorno a data center, modelli di linguaggio e semiconduttori, con una lucidità strategica e una velocità che sorprendono anche gli osservatori più esperti.L'Arabia Saudita e la Visione 2030: Investire nel Pensiero ComputazionaleL'Arabia Saudita, sotto la guida del principe ereditario Mohammed bin Salman, ha lanciato la “Vision 2030”. Non una semplice diversificazione economica, ma un ambizioso piano per costruire una sovranità digitale radicata nella cultura e nelle esigenze locali. A febbraio, durante la conferenza LEAP 2025 a Riyadh, il governo ha annunciato investimenti per 14,9 miliardi di dollari nel settore dell'AI. L'obiettivo? Creare un ecosistema nazionale che spazi dalle infrastrutture cloud alle startup, dai centri di ricerca ai programmi formativi, fino a piattaforme AI multilingua focalizzate sul mondo arabo.Un esempio concreto è Humain, la società di AI fondata il 12 maggio dal Public Investment Fund saudita. Il suo scopo è sviluppare infrastrutture AI avanzate, inclusi data center di nuova generazione e modelli linguistici arabi multimodali, posizionando il Regno come attore chiave nel panorama globale dell'IA.Ma l'ambizione di Riyadh va oltre i propri confini. L'8 aprile 2025, è stato firmato un memorandum d'intesa con gli Stati Uniti per un piano da 600 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Questo accordo mira alla co-creazione di super-infrastrutture cognitive: enormi data center alimentati da energia rinnovabile, decine di migliaia di chip “Blackwell” di ultima generazione forniti da Nvidia, e partnership con giganti come Microsoft, OpenAI e Google DeepMind. Una mossa strategica per bilanciare l'espansione cinese e garantire un'egemonia cognitiva condivisa nel mondo arabo, africano e asiatico. Solo la partnership tra l'Arabia Saudita e Nvidia prevede la costruzione di 500 megawatt di fabbriche AI nei prossimi cinque anni.Gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar: Hub Strategici per l'InnovazioneAnche gli Emirati Arabi Uniti non stanno a guardare. Hanno stretto accordi con diverse nazioni per investimenti congiunti in settori strategici come l'intelligenza artificiale, i data center e le energie rinnovabili. Il fondo emiratino MGX partecipa, insieme a OpenAI, Oracle e alla giapponese SoftBank, al progetto “Stargate” lanciato a gennaio dal Presidente Trump, con la previsione di investire 500 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni in infrastrutture AI. A marzo, un piano decennale da 1.400 miliardi di dollari è stato annunciato a Washington, focalizzato su AI, semiconduttori, energia e manifattura, consolidando la posizione di Abu Dhabi come partner strategico degli Stati Uniti.Il Qatar, dal canto suo, ha annunciato 1.200 miliardi di dollari in progetti che spaziano dall’aviazione al calcolo quantistico, firmando con Boeing un ordine storico da 96 miliardi di dollari e promuovendo una venture per lo sviluppo quantistico tra Quantinuum e Al Rabban Capital.G42: Il Motore Tecnologico degli EmiratiDietro gran parte di questa spinta innovativa negli Emirati c'è G42, fondata nel 2018 e strettamente legata alla leadership politica. G42 non è solo un'azienda, ma una visione: costruire una sovranità cognitiva endogena. Opera in settori chiave come il supercalcolo, la sanità digitale, la genomica, la sorveglianza predittiva, il cloud sovrano e l'AI generativa. Ha sviluppato i modelli Falcon, tra i più avanzati LLM open source, gestisce il cluster Condor Galaxy e sta costruendo il campus Stargate. Ha anche trasformato Botim nella prima super-app AI del Golfo, integrando servizi pubblici e assistenti intelligenti, un vero "governo tascabile".Formazione e Ricerca: Le Nuove FondamentaLa vera leadership tecnologica richiede talenti. Per questo, sia gli Emirati che l'Arabia Saudita stanno investendo massicciamente nella formazione e nella ricerca. Nel cuore di Masdar City, ad Abu Dhabi, sorge la Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI), la prima università al mondo interamente dedicata all'AI. Ha attratto centinaia di ricercatori e studenti da oltre 40 paesi, offrendo borse di studio, laboratori di deep learning e partnership con giganti come IBM, Nvidia e Google DeepMind. L'università è connessa al primo ministero per l'intelligenza artificiale al mondo, che ha lanciato programmi per integrare l'alfabetizzazione AI fin dalla scuola materna e offre gratuitamente ChatGPT Plus a cittadini e residenti.Similmente, l'Arabia Saudita ha potenziato il King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) e promosso il Saudi Data and Artificial Intelligence Authority (SDAIA). All'interno del mega-progetto NEOM, la NEOM University sarà una piattaforma educativa d'élite dedicata all'AI, alla robotica e ai sistemi cognitivi avanzati, con una didattica interamente in inglese e laboratori collegati in tempo reale con il NEOM Tech & Digital Company e i futuri NEOM Quantum Centers. La tagline ufficiale, "Not an AI curriculum. A cognitive society in formation", riassume l'ambizione: l'AI come fondamento identitario della nuova cittadinanza saudita.L'Europa: Tra Valori e VelocitàDi fronte a questa impressionante accelerazione, l'Europa si trova a un bivio. Da un lato, la sua retorica su etica e regolazione, per quanto rilevante, non basta a scaldare i cuori dei Paesi del Golfo, che cercano "capacità operative", "codice funzionante" e "soluzioni pronte da scalare". L'Europa eccelle nel pensare l'innovazione, ma spesso fallisce nel tradurla in azione in tempo utile. Laddove USA, Cina e Golfo decidono e implementano velocemente, mobilitando miliardi in pochi mesi, l'Europa impiega anni per definire quadri giuridici e fondi, e nel frattempo il mondo cambia.La sfida non è tra velocità e valori, ma tra valori che agiscono e valori che restano inascoltati. Se l'Europa vuole difendere i propri principi, deve farlo in partita, non a bordo campo. Serve un cambio di paradigma culturale, accettando che in certi contesti l'azione immediata è l'unico modo per preservare i propri principi. Altrimenti, rischiamo di rimanere un "nobile archivio", non un motore del mondo che verrà.