AI in Sanità: i Dati contano più degli AlgoritmiParliamoci chiaro: l'intelligenza artificiale non è più una promessa futuristica confinata nei laboratori di ricerca. È già qui, tra le corsie degli ospedali, a supporto dei medici nelle sale operatorie e nei reparti di diagnostica. Eppure, mentre l'attenzione mediatica si concentra su algoritmi sempre più sofisticati, la vera rivoluzione, quella che può concretamente migliorare le cure e alleggerire il carico di lavoro del personale sanitario, si gioca su un terreno diverso: quello dei dati.Il punto è questo: un algoritmo di AI, per quanto brillante, è inutile senza dati di alta qualità su cui allenarsi e operare. E oggi, il mondo della sanità è un paradosso. Produce una quantità impressionante di informazioni – referti, immagini diagnostiche, parametri vitali, dati genomici – ma questi tesori digitali restano spesso intrappolati in silos. Sistemi chiusi, incompatibili tra loro, che non comunicano. Il risultato? Diagnosi più lente, difficoltà nel richiedere seconde opinioni efficaci e una continuità assistenziale che si spezza non appena il paziente varca i confini di una regione o di una singola struttura.La vera sfida: far parlare i sistemi tra loroLa necessità di una svolta è emersa con forza anche durante il recente Convegno Nazionale 2025 dell'Associazione Italiana Ingegneri Clinici (AIIC). Il messaggio è stato inequivocabile: per sbloccare il potenziale dell'AI serve una governance del dato che superi le barriere tecnologiche. Non si tratta solo di digitalizzare, ma di creare un ecosistema sanitario realmente connesso.La soluzione, come sottolineato in un'analisi di AI4Business Italia, risiede in repository neutrali e piattaforme di integrazione. Immaginate un grande hub centrale capace di raccogliere e standardizzare ogni tipo di dato sanitario, rendendolo accessibile in tempo reale e in modo sicuro. Piattaforme come Capsule di Philips, ad esempio, fanno esattamente questo: raccolgono i dati dai dispositivi medici al letto del paziente e li integrano direttamente nei sistemi informativi ospedalieri, riducendo gli errori manuali e abilitando analisi predittive che possono salvare vite.Quando i dati fluiscono, la cura acceleraCosa succede quando l'AI ha finalmente accesso a dati puliti e integrati? I risultati sono tangibili e stanno già cambiando la pratica clinica in diversi ambiti.Diagnostica più rapida e sicuraPrendiamo la diagnostica per immagini. Nella risonanza magnetica, algoritmi come SmartSpeed permettono di ottenere immagini con una risoluzione fino al 65% maggiore, riducendo i tempi di scansione del 35%. Tradotto per il paziente, significa esami più brevi e meno stressanti, e per il medico, immagini più nitide che evitano la necessità di ripetere l'esame. Nella tomografia computerizzata (CT), l'AI integrata nel sistema CT 5300 di Philips riesce a ridurre la dose di radiazioni fino all'80%, un vantaggio enorme in campi come l'oncologia e la cardiologia.Meno burocrazia, più tempo per il pazienteUn altro campo di applicazione cruciale è la refertazione. Un medico che segue un paziente oncologico può trovarsi a dover analizzare decine di referti precedenti per ricostruirne la storia clinica. Oggi, l'intelligenza artificiale può generare in pochi secondi un riepilogo automatico e mirato, dimezzando il tempo necessario per i follow-up. Quel tempo risparmiato è tempo che il medico può dedicare al dialogo con il paziente, all'ascolto, alla cura.Il futuro è integrato e auto-apprendenteLa prossima frontiera è la diagnosi integrata. L'AI generativa sta iniziando a funzionare come un "ponte" tra discipline diverse, mettendo in relazione i dati di radiologia, anatomia patologica e genomica per fornire un quadro clinico completo. Di fronte a un sospetto tumore, un sistema di AI potrebbe analizzare la TAC, confrontarla con migliaia di casi simili e suggerire immediatamente il percorso diagnostico più efficace, accorciando settimane di attesa che, per alcune patologie, fanno la differenza tra la vita e la morte.Stiamo anche entrando nell'era del self-supervised learning, dove l'AI si auto-addestra generando dati sintetici su cui affinare le proprie capacità. Questo paradigma supera il collo di bottiglia dei grandi dataset etichettati a mano, ma richiede infrastrutture informatiche solide e scalabili.In definitiva, investire nell'intelligenza artificiale in sanità significa prima di tutto investire in un'infrastruttura dati intelligente. Non è solo una questione di tecnologia, ma di visione. Si tratta di costruire un sistema sanitario più collaborativo e connesso, dove la tecnologia non sostituisce l'uomo, ma lo potenzia, liberandolo dai compiti ripetitivi per permettergli di concentrarsi su ciò che sa fare meglio: prendersi cura delle persone.