Una legge sull'AI che non fa paura a nessuno La California ha appena acceso un faro nel complesso mondo della regolamentazione dell'intelligenza artificiale. Con la firma del governatore Gavin Newsom, la legge SB 53 è diventata realtà, scatenando il solito, prevedibile dibattito: le regole freneranno l'innovazione o la guideranno verso un futuro più sicuro? A quanto pare, la risposta non è così scontata come molti a Silicon Valley vorrebbero far credere. Questa mossa legislativa, passata con un'opposizione relativamente contenuta, dimostra che è possibile trovare un equilibrio. Non si tratta di fermare il progresso, ma di assicurarsi che la corsa verso l'ignoto non ci faccia finire in un burrone. La SB 53 potrebbe rappresentare un modello per un approccio più maturo alla governance dell'AI. Cos'è davvero la legge SB 53? Andiamo dritti al punto. La SB 53 non è un tentativo di spegnere i server dei grandi laboratori di AI. Al contrario, è una legge che punta tutto su trasparenza e responsabilità. Chiede alle grandi aziende tech di essere chiare sui loro protocolli di sicurezza, specialmente per prevenire rischi catastrofici. Parliamo di scenari da film, come l'uso dell'AI per attacchi informatici a infrastrutture critiche o per sviluppare armi biologiche. La cosa interessante? Molte di queste pratiche sono già in uso. "Le aziende fanno già le cose che chiediamo in questa legge," ha spiegato Adam Billen di Encode AI, un gruppo di advocacy, in una recente intervista riportata da TechCrunch. Il problema, secondo Billen, è che "alcune stanno iniziando a tagliare i costi. Ed è per questo che leggi come questa sono importanti." La SB 53 agisce come una garanzia, impedendo che la pressione competitiva o finanziaria spinga le aziende a sacrificare la sicurezza, come ha ammesso di poter fare persino OpenAI per non restare indietro rispetto ai rivali. La retorica della "corsa alla supremazia" è una scusa? Nonostante la natura apparentemente ragionevole della legge, la reazione di una parte di Silicon Valley non si è fatta attendere. La narrazione dominante è che qualsiasi regolamentazione sull'AI sia un bastone tra le ruote, un ostacolo che avvantaggerà la Cina nella corsa globale alla supremazia tecnologica. Questa idea ha spinto giganti come Meta e figure di spicco del settore a investire milioni in comitati politici per sostenere candidati pro-AI. Ma è davvero così? Billen smonta questa tesi con una logica disarmante. Sostenere che una legge sulla trasparenza come la SB 53 possa farci perdere la "gara" contro la Cina è, a suo parere, "intellettualmente disonesto". Se la preoccupazione fosse genuinamente la competizione internazionale, l'industria dovrebbe spingere per misure concrete come i controlli sulle esportazioni di chip avanzati, non per bloccare leggi statali sulla sicurezza che riguardano deepfake, discriminazione algoritmica e protezione dei minori. La realtà è che la vera battaglia per la supremazia si combatte su altri fronti, come la produzione e il controllo dei semiconduttori. Eppure, alcune aziende tech sembrano più interessate a mantenere aperti i lucrativi mercati esteri, come quello cinese per Nvidia, che a sostenere politiche di sicurezza nazionale più stringenti. Un cortocircuito che la dice lunga sulle reali priorità in gioco. Il vero campo di battaglia: Stati contro Governo Federale La vera partita, infatti, si gioca su un altro tavolo: quello del federalismo. La SB 53 è solo una delle tante iniziative a livello statale. Il timore dei colossi tech è un mosaico di leggi diverse da stato a stato, un incubo burocratico. Per questo, spingono per una legge federale unica, che però rischierebbe di essere molto più permissiva e di annullare gli sforzi locali. Proposte come il SANDBOX Act, che permetterebbe alle aziende di bypassare temporaneamente alcune normative, vanno in questa direzione. Il rischio, avverte Billen, è quello di "cancellare il federalismo per la tecnologia più importante del nostro tempo". Una legge federale troppo generica non potrebbe mai coprire tutti i rischi specifici che leggi mirate come la SB 53 cercano di affrontare, dalla disinformazione alla sicurezza dei minori. Un modello per il futuro? Alla fine, la SB 53 emerge non come una minaccia, ma come un esempio di pragmatismo. Dimostra che è possibile trovare un punto d'incontro tra le esigenze dell'industria e la necessità di proteggere i cittadini. È il risultato di un processo democratico, "brutto e disordinato" come lo definisce Billen, ma funzionante. Un processo in cui legislatori e aziende si sono seduti a un tavolo per trovare un compromesso accettabile. Forse, invece di vedere la regolamentazione come un nemico dell'innovazione, dovremmo iniziare a considerarla un suo alleato indispensabile. Una tecnologia così potente non può crescere senza binari. La California ha appena provato a costruirne un paio, e il resto del mondo sta a guardare. Potrebbe essere questo il modello per un'innovazione che non lascia indietro la sicurezza.