AI e Moda: L'onda digitale che travolge le passerelle
Il mondo della moda è in piena rivoluzione: l'intelligenza artificiale sta cambiando le regole del gioco, dalle modelle virtuali alle nuove sfide etiche. L'ultima in ordine di tempo ha coinvolto nientemeno che Vogue, con una modella AI in una pubblicità Guess, scatenando un acceso dibattito sulle...
Il mondo della moda, da sempre tempio di creatività e artigianalità, si trova oggi di fronte a una rivoluzione silenziosa ma inesorabile: l'avvento dell'intelligenza artificiale. Quella che fino a ieri sembrava fantascienza, con modelle generate al computer e campagne pubblicitarie interamente digitali, è ormai una realtà tangibile. E, come spesso accade con le innovazioni dirompenti, non mancano le polemiche.
L'ultima in ordine di tempo ha coinvolto nientemeno che Vogue. L'edizione di luglio ha ospitato una pubblicità Guess con una modella che, a un occhio non esperto, sarebbe sembrata perfetta: snella, voluttuosa, capelli biondi lucidi e labbra carnose. Il problema? Non era umana. Era stata generata dall'AI. L'episodio ha scatenato un'ondata di discussioni sul web, soprattutto perché si trattava di Vogue, la bibbia della moda. Sebbene fosse solo un annuncio pubblicitario e non un editoriale, per molti la distinzione è sottile. Come ha riportato TechCrunch AI, il dibattito è acceso: quando un lavoro creativo di alta qualità può essere eseguito dall'AI in tempi e costi ridotti, che fine fanno gli esseri umani? Modelli, fotografi, stilisti, scenografi: il loro ruolo è a rischio?
Il costo dell'AI e il futuro dei modelli
La ragione principale dietro questa corsa all'AI è semplice: il costo. Lavorare con modelli umani, specialmente per produrre migliaia di immagini di e-commerce, è oneroso. Paul Mouginot, un tecnologo d'arte che ha collaborato con marchi di lusso, spiega che l'AI permette di partire da uno scatto di un prodotto in piano, posizionarlo su un modello virtuale fotorealistico e persino ambientarlo in uno scenario coerente, producendo immagini che sembrano veri editoriali di moda. Marchi come H&M, Mango e Calvin Klein hanno già iniziato a sperimentare con modelli AI.
Amy Odell, scrittrice di moda, lo sintetizza così: "È semplicemente molto più economico per i marchi usare modelli AI ora. Hanno bisogno di molti contenuti, e i costi si sommano. Quindi, se possono risparmiare sulla loro pubblicità stampata o sul loro feed TikTok, lo faranno". PJ Pereira, co-fondatore dell'azienda pubblicitaria AI Silverside AI, sottolinea la questione della scalabilità. I brand, che un tempo producevano quattro grandi pezzi di contenuto all'anno, ora ne necessitano centinaia di migliaia per i social media e l'e-commerce. "Non c'è modo di passare da quattro a 400 o 400.000 con semplici aggiustamenti di processo", afferma Pereira. "Serve un nuovo sistema."
Dalla diversità umana all'omogeneità digitale: un paradosso?
Ma l'adozione dell'AI nel settore solleva anche questioni etiche profonde. Sarah Murray, una modella commerciale, ricorda il suo senso di tristezza ed esaurimento quando vide per la prima volta un modello artificiale in una pubblicità Levi's nel 2023. L'azienda di denim aveva collaborato con lo studio AI Lalaland.ai per creare modelli digitali "diversi" in nome dell'inclusività. Eppure, la reazione fu immediata, con il New York Magazine che etichettò la decisione come "diversità artificiale".
La preoccupazione di Murray è che marchi come Levi's affermino che l'AI serve solo a "integrare" il talento umano, ma in realtà finisca per sostituirlo. "Se quei marchi avessero mai avuto l'opportunità di stare in fila a un casting aperto, saprebbero quante modelle, inclusa me, sognerebbero di lavorare con loro", ha detto. "Non avrebbero mai bisogno di integrare con qualcosa di finto". Sinead Bovell, modella e fondatrice dell'organizzazione WAYE, parla di "appropriazione culturale robotica", ovvero l'idea che i marchi possano generare identità, soprattutto diverse, per raccontare una storia del brand, anche se la persona che ha creato la tecnologia non appartiene a quella stessa identità.
Alcuni propongono soluzioni per tutelare i modelli. Sara Ziff, ex modella e fondatrice della Model Alliance, sta promuovendo il Fashion Workers Act, una legge che richiederebbe ai marchi di ottenere il consenso esplicito dei modelli e di compensarli per l'uso delle loro repliche digitali. Se da un lato questo potrebbe permettere ai modelli di partecipare a più servizi fotografici contemporaneamente, dall'altro, ogni volta che un avatar viene assunto, il lavoro umano viene sostituito. "Ciò che pochi attori guadagnano può significare meno opportunità per molti altri", ha osservato Mouginot.
Il tocco umano nell'era dell'AI: un valore inestimabile
Nonostante l'avanzata dell'AI, c'è chi crede fermamente nel valore insostituibile del tocco umano. Paul Mouginot stesso riconosce che gli esseri umani desiderano la "realtà sensuale degli oggetti, un tocco di imperfezione e una connessione umana". Molti modelli di successo, infatti, trionfano proprio grazie a un tratto distintivo – un sorriso, uno sguardo, un'attitudine – che è "leggermente imperfetto secondo standard rigorosi, eppure assolutamente affascinante". Queste sfumature sono difficili da replicare con gli algoritmi.
Artcare, uno studio creativo, si concentra proprio su questo: creare modelli AI che abbiano quel tocco di umanità unica. Sandrine Decorde, CEO e co-fondatrice di Artcare, si riferisce al suo team come "artigiani dell'AI", che usano strumenti avanzati per affinare modelli AI generati in modo che non siano omogenei come molti altri. Decorde nota che molti modelli AI, come quelli dietro la pubblicità Guess di Vogue, sono troppo perfetti: labbra simmetriche, mascelle identiche. "L'immaginario deve avere un impatto", afferma, sottolineando che i marchi di moda spesso lavorano con modelli specifici perché "un modello incarna un marchio di moda".
L'uso dell'AI nella moda è ancora in fase sperimentale. Claudia Wagner, fondatrice della piattaforma di booking di modelli Ubooker, ritiene che il vero valore dell'AI emergerà solo quando verrà usata con uno scopo ben preciso, e non solo per visibilità. Tuttavia, l'episodio di Vogue dimostra che, anche se le reazioni non sono sempre positive, l'AI sta guadagnando terreno. PJ Pereira racconta di un video prodotto interamente con AI per TikTok che ha generato milioni di visualizzazioni e un aumento significativo delle vendite, nonostante i commenti negativi. Questo suggerisce che, al di là delle critiche, una "maggioranza silenziosa" è pronta ad accettare l'innovazione.
Il futuro è incerto, ma una cosa è chiara: il talento umano rimane centrale. Soprattutto quando l'autenticità e l'identità fanno parte della storia di un brand. E sebbene molti marchi di alta moda stiano sperimentando con l'AI in sordina, la maggior parte è ancora cauta. Come ha detto Sinead Bovell, l'AI non avrà mai una storia umana unica. E forse, proprio in quella unicità e imperfezione, risiede il vero valore che la moda non potrà mai replicare del tutto.