Un legame sempre più stretto, ma non privo di rischi Un tempo mondi quasi paralleli, oggi la Silicon Valley e Washington sono più intrecciate che mai. Il legame tra le startup innovative e il governo statunitense si è rafforzato a dismisura negli ultimi anni, spinto da un interesse quasi famelico per tecnologie come l'intelligenza artificiale, l'automazione e il deep tech applicati alla difesa e non solo. Questa connessione ha aperto una nuova, gradita via per l'accesso ai capitali, ma la relazione sta diventando decisamente complicata. Sempre più startup vedono nel governo americano un cliente primario, puntando a contratti di difesa o a complesse approvazioni normative. Quando la macchina governativa funziona, questa sinergia può fornire una spinta decisiva e flussi di entrate vitali. Ma cosa succede quando si inceppa? Un blocco delle attività governative, come lo shutdown, può soffocare o addirittura arrestare completamente i progressi di queste giovani aziende, dimostrando tutta la fragilità di questa dipendenza. La nuova geografia dell'innovazione Questo fenomeno riflette un cambiamento profondo nel panorama delle startup. "Per molto tempo, il focus è stato sulle startup internet dedicate al consumatore," ha spiegato Anthony Ha nel podcast Equity di TechCrunch. Oggi, invece, il campo di gioco è cambiato. "C'è molto più movimento nel defense tech e nel deep tech, settori dove potresti aver bisogno di vari tipi di approvazioni normative," continua Ha. Di conseguenza, fette sempre più ampie del mondo startup dipendono dal governo in modi che dieci anni fa erano semplicemente impensabili. Non si tratta più solo di lanciare un'app. Si parla di sviluppare droni autonomi, sistemi di cybersecurity per infrastrutture critiche o, appunto, intelligenze artificiali per l'analisi strategica. Progetti ambiziosi che richiedono non solo capitali ingenti, ma anche il via libera e la collaborazione delle istituzioni. Un rapporto che, come evidenzia un recente report di TechCrunch AI, trasforma il governo da semplice cliente a partner indispensabile, con tutti i rischi che ne derivano. Quando lo Stato diventa azionista La vera novità, però, è un'altra. Il governo non si limita più a erogare prestiti o firmare contratti, ma sta iniziando a pretendere quote di proprietà nelle aziende che finanzia. Una mossa che segna un'estensione senza precedenti della sua influenza nel settore tecnologico e industriale. Una strategia che solleva non poche perplessità sulla libertà e l'agilità che da sempre caratterizzano il mondo delle startup. Un esempio concreto? La rinegoziazione di un prestito federale con la società mineraria canadese Lithium Americas. In questo nuovo accordo, il governo statunitense ha acquisito una partecipazione del 5% nella società e un'altra quota del 5% nella joint venture tra Lithium Americas e General Motors per l'estrazione di litio in Nevada. Queste partecipazioni sono state ottenute tramite warrant a costo zero, strumenti finanziari che danno al governo il diritto di acquistare azioni a un prezzo prefissato. Un futuro di controllo o collaborazione? Questa mossa, che segue iniziative simili con colossi come Intel, delinea una tendenza chiara: lo Stato vuole essere al tavolo non solo come regolatore o cliente, ma come socio. Da un lato, si può interpretare come un modo per garantire che i fondi pubblici generino un ritorno per i cittadini e per allineare gli obiettivi strategici nazionali con quelli industriali, specialmente in settori critici come i semiconduttori e le materie prime per le batterie. Dall'altro, però, l'idea di avere lo Zio Sam come azionista potrebbe spaventare più di un investitore privato e imbrigliare le startup in una burocrazia lenta e complessa. Per un ecosistema che vive di velocità, rischio e fallimenti rapidi, l'ingerenza governativa potrebbe rivelarsi un freno potente. La domanda che tutti si pongono è se questo nuovo paradigma porterà a una collaborazione fruttuosa per affrontare le grandi sfide del nostro tempo o se finirà per soffocare proprio quella scintilla di innovazione che cerca di promuovere.