AI Act: PMI Italiane, calma e strategia prima del 2 agosto

Il 2 agosto 2025 l'AI Act entra in vigore, portando nuovi obblighi per le aziende italiane. Niente panico: è il momento di agire con lucidità e strategia per adeguarsi alla nuova normativa.

Il conto alla rovescia è iniziato: il 2 agosto 2025 l'AI Act, il regolamento europeo sull'Intelligenza Artificiale, diventerà pienamente operativo. Nonostante le richieste di rinvio da parte di giganti tecnologici e aziende italiane, la Commissione Europea ha mantenuto la data. Questo significa che le imprese, anche le piccole e medie italiane, dovranno affrontare nuovi obblighi. Ma niente panico: è il momento di agire con lucidità e strategia.

AI Act: un orizzonte vicino, ma non un'emergenza immediata

Molti si chiedono cosa succederà dopo il 2 agosto. La verità è che, come sottolineato da Massimo Borgobello su Agenda Digitale AI, le sanzioni non arriveranno da un giorno all'altro. L'entrata in vigore del regolamento segna l'inizio di un periodo di transizione e adeguamento. Le aziende, soprattutto quelle italiane, spesso meno strutturate delle grandi multinazionali, avranno tempo per assimilare le nuove normative e implementare i cambiamenti necessari.

Il punto cruciale è la responsabilità. L'AI Act mira a regolamentare i fornitori di modelli AI, in particolare le 'big tech'. Tuttavia, la normativa si estende a cascata anche alle aziende che utilizzano o sviluppano sistemi di intelligenza artificiale. Se un'azienda italiana si affida a un modello AI fornito da una grande tech company, la responsabilità di conformarsi ricadrà sul fornitore. Ma questo non esonera le PMI dal comprendere e gestire i rischi.

Identificare i rischi e agire con consapevolezza

Il primo passo per le PMI italiane è quello di fare chiarezza. Non tutte le applicazioni di intelligenza artificiale rientrano nella categoria di 'alto rischio' definita dall'AI Act. È fondamentale identificare quali sistemi AI vengono utilizzati in azienda e valutare il loro livello di rischio. Questo può andare da semplici chatbot per il servizio clienti a complessi algoritmi per la selezione del personale o per decisioni mediche, che richiedono un'attenzione ben diversa.

Una volta mappati i sistemi AI, è essenziale avviare un processo di analisi. Questo include la verifica della trasparenza dei dati utilizzati, la robustezza del modello, la sua equità e la capacità di garantire la privacy. Pensiamo, ad esempio, a un'azienda che usa l'AI per analizzare grandi volumi di dati dei clienti: dovrà assicurarsi che i dati siano raccolti e trattati in modo etico e conforme al GDPR, oltre che ai principi dell'AI Act.

La formazione e la documentazione: pilastri dell'adeguamento

Massimo Borgobello suggerisce di concentrarsi sulle informative. Questo significa non solo informare i propri dipendenti e clienti sull'uso dell'AI, ma anche documentare internamente i processi decisionali legati all'AI. Ogni sistema AI utilizzato dovrebbe avere una 'scheda tecnica' chiara, che ne spieghi il funzionamento, gli scopi, i dati utilizzati e le misure di sicurezza adottate.

La formazione del personale è altrettanto cruciale. I dipendenti che interagiscono con sistemi AI, o che ne sono influenzati, devono comprendere i principi di funzionamento e le implicazioni etiche e legali. Questo non solo facilita l'adeguamento, ma crea anche una cultura aziendale più consapevole e responsabile nei confronti dell'innovazione.

Non solo obblighi: l'AI Act come opportunità per l'innovazione responsabile

È facile vedere l'AI Act come un peso burocratico, ma in realtà può trasformarsi in un'opportunità. Un approccio proattivo alla conformità può rafforzare la fiducia dei clienti e dei partner, migliorare la reputazione aziendale e, in ultima analisi, stimolare un'innovazione più etica e sostenibile. Le aziende che sapranno navigare questo panorama normativo con lungimiranza saranno quelle che trarranno i maggiori benefici nel lungo termine.

In un mondo in cui l'AI è sempre più pervasiva, la capacità di dimostrare un uso responsabile e conforme alle normative diventerà un vantaggio competitivo. Non si tratta solo di evitare sanzioni, ma di costruire un futuro in cui la tecnologia serva l'uomo, nel rispetto dei suoi diritti e valori. Le PMI italiane hanno la possibilità di essere protagoniste di questa transizione, dimostrando flessibilità e capacità di adattamento, qualità che da sempre le contraddistinguono.